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Sesso e veleni nell’Urbe  Intervista a Steven Saylor

Una partita a scacchi tra cristiani e musulmani  Intervista a Nerea Riesco

L’altro volto del crimine  Incontro con Ferdinand von Schirach


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tran.jpg Gli omicidi del “Buongustaio”
Intervista a Thanh-Van Tran-Nhut
autrice di Lo spirito della volpe
[Maggiori info su Internet Bookshop Italia]



(In esclusiva per InfiniteStorie.it. La riproduzione in qualsiasi forma è vietata.)
[La foto è © di Louis Monier]

Thanh-Van Tran-Nhut, vietnamita di nascita e francese d'adozione, è autrice di una fortunata serie di gialli storici ambientati nel Vietnam del XVII secolo. In questa suggestiva cornice si muovono personaggi curiosi e insoliti, ritratti con una piacevole vena ironica: il Mandarino Tan, uomo di legge, dal fiuto infallibile e dalle formidabili capacità amatorie; il letterato Dinh, colto e raffinato; generali, prostitute, bonzi, medici stregoni e capigilda di dubbia moralità. Con la sua fervida immaginazione l'autrice si cala in un passato mitico e lontano, in cui il confine tra realtà e leggenda era ancora labile. Lo spirito della volpe narra di una catena di feroci omicidi che rimangono a lungo impuniti a causa di magistrati negligenti, dediti soltanto al gioco d'azzardo e al sesso. Ma l'arrivo in tribunale del Mandarino Tan li scuote dal torpore. Abbiamo intervistato la scrittrice.


D. Quali avventure attendono Tan in questo libro?

R. Il Mandarino Tan e il letterato Dinh, che nel romanzo precedente - L'ala di bronzo - si erano diretti a sud, ripartono verso nord e fanno sosta a Fai Fo, città portuale molto attiva. Sfortunatamente per lui, Dinh viene accusato dell'omicidio di una locandiera ed è rinchiuso in prigione in attesa dell'esecuzione. Intanto un serial killer cannibale, soprannominato ”il Buongustaio“, imperversa nella zona e rivendica gli omicidi inviando alle autorità gli avanzi dei suoi pasti, cioè le mani e i piedi delle vittime. Chi è? E' forse la signora Kitsune, conturbante creatura che vive di notte? Oppure le anime dei defunti che giungono in massa a banchettare, in occasione della festa di Vu Lan in loro onore? A ben vedere, tutti i personaggi hanno fame: il vorace Buongustaio; la bella Kitsune, che ha lo spirito della cacciatrice; il Mandarino Tan, dall'appetito insaziabile; il generale Tho, affamato di potere; i defunti, ansiosi di prender parte al banchetto. In questa città, rischiarata dalla luce di lanterne variopinte, aleggia un odore di cibi raffinati e sangue umano, fumo d'incenso e polvere da sparo. La guerra è alle porte del paese, mentre l'aria risuona dei colpi di gong dei monasteri buddisti.

D. Lo spirito della volpe contiene diverse descrizioni di banchetti e di attività sessuali. Che cosa l'ha spinta a ritrarre una società così godereccia?

R. Il popolo vietnamita ha una predisposizione naturale per il cibo. Adora trangugiare spaghetti di riso saltati, piluccare spiedini e gustare prelibatezze. In verità, un vietnamita che non mangia è un vietnamita morto. Inoltre, la storia si svolge a Fai Fo, l'attuale Hoi An, una città rinomata per una zuppa speciale a base di tagliatelle condite con ritagli di maiale e vari tipi di erbe. Impossibile non parlare di cibo. Per quanto riguarda la sfera sessuale, suppongo che in un porto gli incontri siano più facili in quanto più estemporanei. Non saprei dire se il mio popolo sia davvero così dotato in questo campo come vorrebbe far credere, ma certo alcune posizioni sessuali dai nomi fantasiosi come ”Copula folgorante del Liocorno“, richiamano le pratiche del sesso taoista e accendono l'immaginazione. Come succede spesso alla vigilia di un grande conflitto, la gente tende a perdersi in quei piaceri che inevitabilmente non sono destinati a durare.

D. Com'è nato il personaggio del ”Buongustaio“ ?

R. Siccome i vietnamiti non indietreggiano davanti a nulla quando si tratta di mangiare - avventandosi su tutto ciò che è provvisto di piume, pelo o squame -, ho voluto enfatizzare questa caratteristica, creando la figura di un assassino che adora la carne umana, la ghiottoneria proibita per eccellenza, il tabù assoluto. Ma si tratta pur sempre di un cannibale speciale: anche se è soprannominato il ”Buongustaio“, mostra di avere gusti assai discutibili. Infatti tende agguati soltanto a donne anziane dalla carne ormai stopposa e coriacea. Ci si domanda allora quale istinto perverso lo porti a divorare carne guasta. In letteratura, i killer cannibali si segnalano per i loro gusti ricercati; il Buongustaio, al contrario, è maldestro nel praticare l'arte del cannibalismo, perché si avventa con appetito bulimico su più vittime alla volta, senza curarsi del rischio di affondare i denti su prede indigeste. È un ingordo senza speranza che non conosce le regole più elementari dello stare a tavola.

D. Le inchieste del Mandarino Tan si svolgono nel XVII secolo. Ci sono altri periodi storici che la incuriosiscono?

R. Il XX secolo è altrettanto interessante. Dirò di più: è proprio per comprendere le ragioni profonde dei conflitti recenti che mi sono appassionata alla storia. Ho capito, ad esempio, che la guerra civile scoppiata durante l'occupazione americana, era in realtà la seconda guerra fratricida del Vietnam: gravi conflitti interni erano sorti infatti nel XVII secolo tra la dinastia Trinh del Nord e gli Nguyen del Sud. È in seguito a questi avvenimenti che i francesi, chiamati ad appoggiare i Signori Nguyen, hanno avviato il processo di colonizzazione. Quello che mi colpisce sono soprattutto i meccanismi del conflitto. A mio parere la storia tende a dimostrare che le alleanze si formano più per raggiungere un equilibrio economico che per difendere una qualunque ideologia.

D. Quali regole bisogna seguire per scrivere un buon romanzo storico?

R. La cosa più importante è evitare gli anacronismi perché è sufficiente una piccola incoerenza per mandare tutto all'aria. Credo anche che non si debba annoiare il lettore con note a piè di pagine e paragrafi esplicativi di taglio accademico: chi legge deve immergersi in un'altra epoca storica naturalmente, senza rendersene quasi conto. I personaggi poi devono agire e comportarsi in base alle idee, le paure, le aspettative, gli interrogativi del loro tempo.

D. Lei ha scritto alcuni romanzi da sola e altri in collaborazione con sua sorella. Vi sono differenze sostanziali?

R. Nei libri che ho scritto da sola il Dai-Viet è visto maggiormente nel quadro dei rapporti con gli altri paesi asiatici. L'accento è posto, ad esempio, sui suoi rapporti con il Giappone e il regno di Champa, come anche sulla sua importanza strategica negli scambi commerciali con l'Europa. È un punto che mi sta particolarmente a cuore. Credo che un paese possa definirsi soltanto in base alle relazioni con gli altri stati: sono queste interazioni che favoriscono la circolazione delle idee e delle tecnologie, e che illustrano le reali condizioni di un paese in un dato momento. Ho incluso inoltre un maggior numero di allusioni sessuali, attinte dall'immaginario taoista. Non si tratta di riferimenti gratuiti, ma di un espediente funzionale a creare un ambiente gioioso e sfrenato. Nel complesso i personaggi risultano più maliziosi e perdono completamente il controllo dei freni inibitori.

D. Ora sta lavorando a un nuovo giallo storico?

R. Sì, ho quasi finito di scrivere un libro incentrato soprattutto sul personaggio del dottor Porco. Poiché il Mandarino Tan e il letterato Dinh sono partiti verso il sud, mi sono detta che sarebbe stato interessante vedere che cosa accade nella città affidata alle mani del dottor Porco in loro assenza. Di fronte a una serie di omicidi misteriosi che dovrà in qualche modo chiarire, l'amabile dottore si metterà all'opera con tecniche molto, molto speciali.


Intervista a cura di Marco Marangon

21 luglio 2006