Thanh-Van Tran-Nhut, vietnamita di nascita e francese
d'adozione, è autrice di una fortunata serie di gialli storici
ambientati nel Vietnam del XVII secolo. In questa suggestiva cornice si
muovono personaggi curiosi e insoliti, ritratti con una piacevole vena
ironica: il Mandarino Tan, uomo di legge, dal fiuto infallibile e dalle
formidabili capacità amatorie; il letterato Dinh, colto e raffinato;
generali, prostitute, bonzi, medici stregoni e capigilda di dubbia
moralità. Con la sua fervida immaginazione l'autrice si cala in un
passato mitico e lontano, in cui il confine tra realtà e leggenda era
ancora labile. Lo spirito della volpe narra di una catena di
feroci omicidi che rimangono a lungo impuniti a causa di magistrati
negligenti, dediti soltanto al gioco d'azzardo e al sesso. Ma l'arrivo
in tribunale del Mandarino Tan li scuote dal torpore. Abbiamo
intervistato la scrittrice.
D. Quali avventure attendono Tan in questo libro?
R. Il Mandarino Tan e il letterato Dinh, che nel romanzo precedente -
L'ala di bronzo - si erano diretti a sud, ripartono verso nord e
fanno sosta a Fai Fo, città portuale molto attiva. Sfortunatamente per
lui, Dinh viene accusato dell'omicidio di una locandiera ed è rinchiuso
in prigione in attesa dell'esecuzione. Intanto un serial killer
cannibale, soprannominato ”il Buongustaio“, imperversa nella zona e
rivendica gli omicidi inviando alle autorità gli avanzi dei suoi pasti,
cioè le mani e i piedi delle vittime. Chi è? E' forse la signora
Kitsune, conturbante creatura che vive di notte? Oppure le anime dei
defunti che giungono in massa a banchettare, in occasione della festa di
Vu Lan in loro onore? A ben vedere, tutti i personaggi hanno fame: il
vorace Buongustaio; la bella Kitsune, che ha lo spirito della
cacciatrice; il Mandarino Tan, dall'appetito insaziabile; il generale
Tho, affamato di potere; i defunti, ansiosi di prender parte al
banchetto. In questa città, rischiarata dalla luce di lanterne
variopinte, aleggia un odore di cibi raffinati e sangue umano, fumo
d'incenso e polvere da sparo. La guerra è alle porte del paese, mentre
l'aria risuona dei colpi di gong dei monasteri buddisti.
D. Lo spirito della volpe contiene diverse descrizioni di
banchetti e di attività sessuali. Che cosa l'ha spinta a ritrarre una
società così godereccia?
R. Il popolo vietnamita ha una predisposizione naturale per il cibo.
Adora trangugiare spaghetti di riso saltati, piluccare spiedini e
gustare prelibatezze. In verità, un vietnamita che non mangia è un
vietnamita morto. Inoltre, la storia si svolge a Fai Fo, l'attuale Hoi
An, una città rinomata per una zuppa speciale a base di tagliatelle
condite con ritagli di maiale e vari tipi di erbe. Impossibile non
parlare di cibo. Per quanto riguarda la sfera sessuale, suppongo che in
un porto gli incontri siano più facili in quanto più estemporanei. Non
saprei dire se il mio popolo sia davvero così dotato in questo campo
come vorrebbe far credere, ma certo alcune posizioni sessuali dai nomi
fantasiosi come ”Copula folgorante del Liocorno“, richiamano le pratiche
del sesso taoista e accendono l'immaginazione. Come succede spesso alla
vigilia di un grande conflitto, la gente tende a perdersi in quei
piaceri che inevitabilmente non sono destinati a durare.
D. Com'è nato il personaggio del ”Buongustaio“ ?
R. Siccome i vietnamiti non indietreggiano davanti a nulla quando si
tratta di mangiare - avventandosi su tutto ciò che è provvisto di
piume, pelo o squame -, ho voluto enfatizzare questa caratteristica,
creando la figura di un assassino che adora la carne umana, la
ghiottoneria proibita per eccellenza, il tabù assoluto. Ma si tratta pur
sempre di un cannibale speciale: anche se è soprannominato il
”Buongustaio“, mostra di avere gusti assai discutibili. Infatti tende
agguati soltanto a donne anziane dalla carne ormai stopposa e coriacea.
Ci si domanda allora quale istinto perverso lo porti a divorare carne
guasta. In letteratura, i killer cannibali si segnalano per i loro gusti
ricercati; il Buongustaio, al contrario, è maldestro nel praticare
l'arte del cannibalismo, perché si avventa con appetito bulimico su più
vittime alla volta, senza curarsi del rischio di affondare i denti su
prede indigeste. È un ingordo senza speranza che non conosce le regole
più elementari dello stare a tavola.
D. Le inchieste del Mandarino Tan si svolgono nel XVII secolo. Ci
sono altri periodi storici che la incuriosiscono?
R. Il XX secolo è altrettanto interessante. Dirò di più: è proprio
per comprendere le ragioni profonde dei conflitti recenti che mi sono
appassionata alla storia. Ho capito, ad esempio, che la guerra civile
scoppiata durante l'occupazione americana, era in realtà la seconda
guerra fratricida del Vietnam: gravi conflitti interni erano sorti
infatti nel XVII secolo tra la dinastia Trinh del Nord e gli Nguyen del
Sud. È in seguito a questi avvenimenti che i francesi, chiamati ad
appoggiare i Signori Nguyen, hanno avviato il processo di
colonizzazione. Quello che mi colpisce sono soprattutto i meccanismi del
conflitto. A mio parere la storia tende a dimostrare che le alleanze si
formano più per raggiungere un equilibrio economico che per difendere
una qualunque ideologia.
D. Quali regole bisogna seguire per scrivere un buon romanzo
storico?
R. La cosa più importante è evitare gli anacronismi perché è
sufficiente una piccola incoerenza per mandare tutto all'aria. Credo
anche che non si debba annoiare il lettore con note a piè di pagine e
paragrafi esplicativi di taglio accademico: chi legge deve immergersi in
un'altra epoca storica naturalmente, senza rendersene quasi conto. I
personaggi poi devono agire e comportarsi in base alle idee, le paure,
le aspettative, gli interrogativi del loro tempo.
D. Lei ha scritto alcuni romanzi da sola e altri in collaborazione
con sua sorella. Vi sono differenze sostanziali?
R. Nei libri che ho scritto da sola il Dai-Viet è visto maggiormente
nel quadro dei rapporti con gli altri paesi asiatici. L'accento è
posto, ad esempio, sui suoi rapporti con il Giappone e il regno di
Champa, come anche sulla sua importanza strategica negli scambi
commerciali con l'Europa. È un punto che mi sta particolarmente a cuore.
Credo che un paese possa definirsi soltanto in base alle relazioni con
gli altri stati: sono queste interazioni che favoriscono la circolazione
delle idee e delle tecnologie, e che illustrano le reali condizioni di
un paese in un dato momento. Ho incluso inoltre un maggior numero di
allusioni sessuali, attinte dall'immaginario taoista. Non si tratta di
riferimenti gratuiti, ma di un espediente funzionale a creare un
ambiente gioioso e sfrenato. Nel complesso i personaggi risultano più
maliziosi e perdono completamente il controllo dei freni inibitori.
D. Ora sta lavorando a un nuovo giallo storico?
R. Sì, ho quasi finito di scrivere un libro incentrato soprattutto
sul personaggio del dottor Porco. Poiché il Mandarino Tan e il letterato
Dinh sono partiti verso il sud, mi sono detta che sarebbe stato
interessante vedere che cosa accade nella città affidata alle mani del
dottor Porco in loro assenza. Di fronte a una serie di omicidi
misteriosi che dovrà in qualche modo chiarire, l'amabile dottore si
metterà all'opera con tecniche molto, molto speciali.
Intervista a cura di Marco Marangon
|